Alzi la mano chi nei pomeriggi di inizio dicembre, dopo l’ennesima pubblicità di pandoro e panettoni, non pensa già al Natale.
Questo clima di attesa si impadronisce lentamente di noi e si intensifica a mano a mano che si propaga il freddo di alcuni pomeriggi, quelli in cui si decide di fare una breve pausa per un buon thè e ci si trova a guardare per caso fuori dalla finestra, scoprendo le prime luci di Natale accese nel pomeriggio che sta per lasciare spazio al buio della sera.
E’ l’attimo brevissimo in cui ci si sente di nuovo un po’ bambini e si ricomincia a pensare al Natale: è lì, in quel momento, che si insedia quel magico senso d’attesa che rende le festività Natalizie diverse da tutte le altre.
Da quel momento, ahimè, il pensiero del Natale accompagnerà dolcemente le nostre giornate, regalandoci momenti di euforia, misti a momenti di totale perdita di controllo. In pratica: lo stato d’animo oscillerà tra il fanciullesco spirito di amore incondizionato per l’inverno e il “profumo di Natale” e la corsa all’acquisto sfrenato per non perdere le ultime promozioni in fatto di acquisti natalizi.
E si dimentica la crisi, ci si regala piccole gioie, si pregusta il momento in cui la famiglia, mettendo da parte ogni rancore e lasciando in sospeso tutte le questioni irrisolte, si raccoglierà lieta intorno alla tavolata imbandita.
Si pensa all’alberello, ai pastori, alla carta da regalo, al calendario dell’avvento, al panettone senza canditi.
Si rinnova il consueto proposito di preparare in casa i dolci da offrire agli ospiti, torna a galla qualche ricordo d’infanzia profumato di muschio e castagne al forno.
Personalmente sono appena entrata nel mio “mood natalizio”. Oggi, complice il brutto tempo, mi sono rifugiata nel caldo pensiero del Natale.
E, dato che alcuni pensieri senza malinconia sono belli solo a metà, la prima immagine è stata quella dei primi struffoli che ho mangiato da bambina.
C’era questo enorme piatto coperto da una montagnetta di strane palline coperte di miele e confettini colorati.
Fu la fine della mia perfetta forma fisica: adoravo gl struffoli.
Che nome strano: “Struffoli”. Ci credereste che è di origine greca?
Infatti, sebbene siamo soliti annoverare gli struffoli tra i dolci “più partenopei”, secondo la leggenda furono proprio i greci a portarli nel Golfo di Napoli.
Il nome deriverebbe dal greco “strongoulos” che vuol dire “arrotondato”.
Ma ci sono anche altre leggende riguardo il nome del prelibato dolcetto natalizio: c’è chi vede nella parola struffolo un’assonanza col verbo strofinare (azione che si compie quando si prepara la pasta per farne un cilindro che andrà poi tagliato a dadini!); oppure, ancora: c’è chi crede che l’origine del termine sia da ricercare nello Strutto, la sostanza grassa di origine animale con cui in passato venivano preparati e in cui venivano fritti gli struffoli; qualcuno addirittura azzarda l’ipotesi che il termine sia da ricollegare al fatto che strofinano (nel senso che solleticano) il palato. Anche se il mio palato è favorevole a quest’ultima ipotesi, sono un po’ scettica a riguardo.
Da dove deriva il nome di questo famoso e apprezzato dolce?
I dubbi sono tanti, ma si può decidere di ignorare l’etimologia per un attimo e soffermarsi di più sulla ricetta: questo non chiarirà i dubbi in materia linguistica, ma metterà tutti d’accordo sull’argomento “bontà”!
La ricetta degli struffoli ( NB: a Palermo i chiamano “Strufoli”) non è molto complessa, anche se richiede una certa esperienza e manualità.
Ognuno li fa con qualche impercettibile variante, ma il segreto più importante per ottenere un buon risultato è la grandezza delle palline: gli struffoli devono essere piccoli, perchè così riescono meglio a catturare la dolcezza e l’aroma del miele.
Ecco di seguito la ricetta per circa 10 persone.
Ingredienti:
- Farina 600 gr ,
- Uova 4 + 1 tuorlo,
- zucchero 2 cucchiai ,
- burro 80 gr (una volta si usava lo strutto: 25 gr.)
- 1 bicchierino di limoncello o rum,
- Scorza di mezzo limone grattuggiata
- Sale un pizzico
- olio per friggere (come accennato, anticamente si utilizzava lo strutto, ma ne sconsiglio l’uso per evitare di rendere gli struffoli meno digeribili!).
Per la copertura e la decorazione:
- Miele 400 gr
- “diavulilli” (così vengono chiamati i confettini colorati che si usano per decorare)
- Confettini alla cannella
- 250 gr di cedro e arancia candita (in Costiera Amalfitana, grazie all’abbondanza di agrumi e limoni, è facile reperire della buona frutta candita artigianale!)
Procedimento:
Dopo aver disposto la farina a fonatana, aggiungere le uova, il burro, lo zucchero, la scorza grattugiata di mezzo limone, un bicchierino di Rhum e un pizzico di sale.
Bisogna ottenere un impasto omogeneo al quale dare la forma di una palla, che dovrà riposare per circa 30 minuti.
Trascorso questo tempo, suddividere l’impasto in tante palle della dimensione di un’arancia. Queste “arance” andranno rullate su un piano, fino ad ottenerne delle strisce di pasta cilindriche e che abbiano lo spessore di un dito.
Queste strisce andranno poi tagliate in tanti piccoli dadini (non troppo grandi, mi raccomando!) e infine fritte in abbondante olio bollente ( setacciate i dadici prima di friggerli, per eliminare l’eventuale farina in eccesso!).
Sono pronti quando sono gonfi e dorati (dorati, non troppo scuri!).
Lasciarli riposare su carta assorbente.
Nel frattempo far sciogliere il miele a bagnomaria e, quando si è completamente sciolto, immergervi gli struffoli appena fritti.
Adagiarli su un piatto da portata e, avendo cura di non far raffreddare il miele, cospargere di confettini e frutta candita.
La difficoltà sta nell’ottenere un risultato che sia gradevole anche esteticamente.
I più audaci possono provare, servendosi di un barattolo vuoto (magari proprio quello del miele utilizzato per cospargere i nostri struffoli), ad adagiare gli struffolo a mo’ di ciambella, creando il buco al centro, proprio come gli struffoli che ammiccano maliziosamente dalle vetrine delle pasticcerie!
Il risultato finale è sicuramente buonissimo, soprattutto se si ha una certa esperienza con la frittura, poichè forse è quella la parte più delicata della ricetta.
Ovviamente ogni piatto di struffoli ha una sua storia, una sua peculiarità, una sua tradizione familiare.
Come ogni ricetta della tradizione, conserva gelosamente vari piccoli segreti, tramandati di generazione in generazione, piccolissime varianti, come sfumature di colore in un’opera d’arte.
Ognuno ritiene che la sua ricetta sia la più autentica, solitamente perchè entra in gioco l’aspetto affettivo della questione: sulle ricette tramandate da mamme, nonne e zie non si discute e le varianti che si trovano sono infinite, ma tutte buonissime ed uniche perchè la vera autenticità sta nel portare avanti le antiche tradizioni con rispetto delle proprie radici e col giusto orgoglio per la propria storia.
ci proverò a farli,speriamo bene.grazie
CIao Assunta… nel caso aspetto fiduciosa una foto ed un commento, magari la pubblichiamo sulla pagina Facebook http://www.facebook.com/incostadiamalfi
Saluti da una costiera “piovosa”
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