XI^ PUNTATA: DUE VECCHI AMICI

COSTA D´AMALFI: … QUEL BLITZ DELLA GUARDIA DI FINANZA…(XI^ PUNTATA)

Piazza d’Italia (G. De Chirico)
XI^ PUNTATA: DUE VECCHI AMICI

Nota dell’autore: Gentili lettori, in qualità di autore del romanzo a puntate in oggetto, anche in seguito del discreto successo di pubblico che sta ricevendo, volevo precisare che il testo non ha nessun intento diffamatorio; si tratta dunque, semplicemente, di un esercizio di satira e gli eventi sono assolutamente frutto della mia fantasia e sono strettamente di natura umoristica. Mi auguro dunque che gli esponenti delle categorie professionali (politici, forze dell’ordine, architetti, magistrati) che, a rotazione, faranno parte del romanzo, lo ricevano senza indispettirsi e con la giusta dose di ironia e di leggerezza che merita.

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI: Siamo nel 2023, mentre continua il blitz della Guardia di Finanza in Costa d’Amalfi, in particolare nei confronti della vecchia merceria in piazza, accerchiata dagli uomini in grigio, un militare mi sottopone ad un interrogatorio dove i miei presunti alibi barcollano.

Il comandante Della Fiore venne verso di noi, riconobbi la sua camminata con le gambe leggermente ad “ics” e le mani grandi. Identiche a quando stringeva il manubrio del suo “ciao” ed accelerava a manetta. La forma della sua schiena robusta mi faceva sempre ripensare a quella vecchia canzone che cominciava così: “Un uomo con le spalle larghe ecco cosa ci vorrebbe per te”. Quando fu ad un metro ci guardammo negli occhi e fu come tornare indietro di 30 anni, sui banchi di scuola, ai finali dei temi d’italiano e alle ripetizioni di chimica sul terrazzo di casa sua.

“Comandante” disse l’agente rompendo la magia di quegli attimi: “il giovanotto è un delinquente. In cinque minuti gli ho trovato già 5 capi di imputazione. Evasione fiscale, aggiotaggio, falso in bilancio, riciclaggio ed infine non ha un alibi per il pomeriggio del 4 Settembre 2015”. Il comandante scosse il capo mentre lo guardava perplesso.

Proseguì: “Durante l’interrogatorio di rito, è emerso che il delinquente qui presente svolge la libera professione di architetto. Per cui è impossibile che possegga ancora beni mobili ed immobili. In base all’ultimo redditometro, quello aggiornato, gli architetti sono tutti in passivo e vivono sotto i ponti”. A questo punto anche io presi a guardarlo piuttosto perplesso.

“Inoltre, comandante, se mi consente, prima mentre effettuavo la perquisizione d’ordinanza ho notato almeno una moneta nella tasca dei pantaloni”. Il trasporto di contante era assolutamente vietato però il mio era un portachiavi, ma non protestai. “Quindi o è uno spacciatore o un agente dei servizi segreti stranieri. Comunque per tutti questi reati, possiamo processare il giovanotto immediatamente, ne abbiamo facoltà, ed in cinque minuti dargli trent’anni. Anche trentacinque per la fragranza di reato”.

“Flagranza, Fla, con la L” lo corresse il comandante Della Fiore.

“Vada pure, mi occupo io del signore” disse Della Fiore con tono sicuro. L’agente rimase immobile, stupito, finche il comandante non ribadì il saluto con un eloquente gesto della mano “Vada a mettere un grattino sulla volante, prima che quel vigile ci faccia il verbale e posi quel manganello prima che qualcuno si faccia male”. L’agente obbedì all’ordine e si allontanò, riponendo l’arma nel fodero.

Rimanemmo soli, io e il comandante Della Fiore, Giuseppe come lo chiamavo a scuola, fermi in un angolo di una piazza in un’era pre-glaciale e forse anche pre-atomica. Sembravamo due manichini, protagonisti di un quadro metafisico, nella desolazione di un non-luogo, proprio come in una piazza Dechirichiana.

La gara era a chi parlasse prima, chi avrebbe trovato prima dell’altro le parole giuste per ricominciare un discorso surreale, interrotto quando si era ancora poco più che ragazzi.

“Hai ancora quel ciao blu ?”, ruppi io l’indugio. E riconosco che non fu un esordio brillante, ma fu la prima cosa che mi venne in mente.

“No. Girare senza freni era diventato troppo pericoloso. L’ho regalato a mio nipote”, continuò: “Scusami per il ragazzo, ha metodi un po’ ruvidi ma non è cattivo. Sai, far rispettare leggi folli, rende instabili”

“Ma come sei finito in finanza ?” non gli riconoscevo questo amore per le divise.

“E’ una lunga storia, se ci fosse ancora un bar aperto te la racconterei dinanzi ad un caffè, ma l’ultimo lo abbiamo chiuso la settimana scorsa; serviva in tazze dal diametro non regolamentare”

“Non avevi una ditta edile ?” gli chiesi.

“Ecco appunto”, e accompagnò queste parole con una smorfia di rammarico: “L’ho tenuta su per quasi vent’anni, ho fatto salti mortali per farla andare avanti. Costeggiando anche la legge, era inevitabile. Poi furono proprio loro a chiudermi”. E mentre diceva “loro” indicò la macchina dalla quale era disceso qualche minuto prima, prendendo improvvisamente le distanze dal suo corpo d’arma. “Allora pensai che quando non puoi più sconfiggere il nemico, ti conviene allearti. Al concorso mi presero subito, nessuno conosceva i trucchi per evadere il fisco come me”.

Alludeva al maxi-concorso del 2019, sapevo che era entrato in quel modo; “…un uomo con le spalle larghe, lo sa bene lui come si fa…”, pensai. Era vero, quella canzone tornava, precisa, tutte le volte che pensavo a Della Fiore.

“Senti, toglimi una curiosità, ma cosa diavolo è successo il 4 Settembre del 2015 ?”

“Lascia stare, sarebbe troppo difficile da spiegare. Dimmi di te. Fai ancora l’architetto ? Ma come fai in costa d’Amalfi a voler fare ancora l’architetto ? Sarebbe più semplice aprire una gelateria in Groenlandia”.

“Cosa vuoi che ti dica. Era il mio sogno da quando ero piccolo. Lo scrissi già in un tema in quinta elementare…”.

“Non sarà ancora che credi ancora ai sogni, alla giustizia, al destino e alla buona sorte ?”, mi interruppe Della Fiore.

Incredibile, tornavano sempre le parole della canzone: “… un uomo con le spalle larghe, la fortuna non sa nemmeno che è …”.

“Ma se smettiamo di credere ai sogni, cosa ci rimane ?” risposi. Della Fiore non replicò ma neanche annuì. Semplicemente tacque, come non faceva mai.

Erano le dieci del mattino di un Febbraio inutile. Diciotto uomini della Guardia di Finanza avevano circondato l’unico esercizio commerciale ancora aperto in costa d’Amalfi. L’aria era pesante come un piatto di peperoni a cena e soffiava un vento freddo e secco. Due uomini, vecchi amici, quasi cinquantenni guardavano quella scena surreale a 30 metri di distanza, senza parlare. Le mani in tasca ed il bavero della giacca alzato.

Trascorsero secondi interminabili. Potevano essere soltanto dieci o minuti interi. Le operazioni davanti a noi si svolgevano come in un’altra dimensione, in un tempo sospeso e differente. L’uomo con le sue spalle larghe e la sua buona misura del tempo, guardava come assente una scena dove avrebbe dovuto essere ma che non aveva voglia di raggiungere.

“Giuseppe, tu dei tuoi sogni cosa ne hai fatto ?” gli chiesi improvvisamente.

Ma lui si stava già allontanando. Ma comunque non avrebbe mai risposto. Un comandante non può mostrare debolezza in servizio, perché: “… poi potresti vederlo piangere, come gli uomini non fanno…”*.

*: La canzone è “Spalle larghe” di F. De Gregori (1987)
(continua – 11)

Christian De Iuliis

www.christiandeiuliis.it

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