Amarcord è una parola dal suono familiare.
E’ difficile trovare qualcuno che non conosca, almeno per sentito dire, il famoso film del 1973 diretto da Federico Fellini, considerato uno dei più grandi registi e sceneggiatori di tutta la storia del cinema.
Amarcord deriva dall’espressione in dialetto romagnolo “a m’arcord”, ossia “io mi ricordo” ed è diventato un termine in uso nella lingua italiana, col significato di “rievocazione nostalgica del passato”, con una sfumatura alla malinconia che accompagna il ricordo del “come eravamo”.
Non si tratta dell’unica traccia di Fellini rimasta nel dizionario.
Per rimanere in tema, vi invito a pensare all’espressione “dolce vita”(quella vaga sfumatura di “licenziosità” nel significato dell’espressione la dobbiamo proprio al famosissimo film), oppure all’accezione che siamo soliti dare al termine Vitellone, termine non coniato dal regista di Rimini, ma che ha assunto il suo attuale significato di “provinciale incapace di emergere dalla propria mediocrità”, proprio in seguito al successo de “I Vitelloni” (pellicola che meritò un Leone d’Argento al festival di Venezia del 1953 e ben tre Nastri d’Argento nel 1954).
Federico Fellini ha lasciato tracce indelebili nella cultura del cinema, di quelle che resteranno per sempre, persino nei vocabolari e nel nostro parlato quotidiano, cosa che accade soltanto ai veri, grandi artisti.
Sarebbe il caso di rafforzare la cultura cinematografica, soprattutto se mancano nel nostro repertorio di conoscenze grandi classici come quelli che ho citato.
Parlo di quelle piccole lacune, di quelle con cui tutti fanno i conti prima o poi (in questo momento sto parlando anche e soprattutto per me!).
E, dato che queste “piccole mancanze”(non troppo piccole, in verità) potrebbero rappresentare delle lacune gravi, come in questo caso, è doveroso rimediare!
E, a proposito di rimediare, il penultimo appuntamento del Ravello Dieci/12 si ispira proprio a Fellini.
Lo spettacolo di danza “Amarcord” si terrà presso l’Auditorium Oscar Nieyemer di Ravello sabato 17 novembre alle 21,15 ed è ispirato all’omonimo film, il più autobiografico capolavoro felliniano, attraverso cui, il regista, ripercorre e guarda, con gli occhi del suo alter ego, le tappe della sua gioventù, il suo paese, i suoi amici.
A calarsi nella ricostruzione felliniana di personaggi e situazioni dell’Italia tra le due guerre,
sarà un’agguerrita compagnia capitanata da Sabrina Brazzo, prima ballerina della Scala, che ha già sostenuto questo ruolo con grande successo al Teatro alla Scala di Milano, al Metropolitan di New York, e da Nicolò Noto.
Una buona occasione per avvicinarsi all’immortale capolavoro di Fellini, in maniera leggera. Quasi in punta di piedi.
Info e prenotazioni: Ravello Festival .