VI^ puntata: LA STORIA DEL COMANDANTE DELLA FIORE (seconda parte)
Riassunto delle puntate precedenti: Nel 2023, durante la pre-era glaciale, la costa d’Amalfi è in piena crisi economica, i negozi hanno chiuso tutti ma la vecchia merceria in piazza resiste ancora. Un mattino di Febbraio la Guardia di Finanza circonda il negozio per un controllo fiscale, gli uomini sono agli ordini del comandante Della Fiore, che 30 anni prima era stato un mio compagno di classe.
Ripensare all’esame di maturità consegnò i miei pensieri alla nostalgia più profonda. Era un tempo nel quale il nostro futuro era pieno di belle speranze; vestivamo male e non capivamo il valore della libertà individuale. Consideravamo scontati diritti che con gli anni avremmo perso.
“E’ colpa della crisi”, così argomentavano i mass media ogni volta che veniva abrogato un articolo della costituzione; quando, ad esempio, fu stabilito per decreto che tutte le telefonate private fossero rese di dominio pubblico, il provvedimento venne giustificato con il dilagare della corruzione che provocava la crisi. “Tanto chi è onesto non ha nulla da temere” esclamò in conferenza stampa un sottosegretario alla giustizia; dopo due mesi gli trovarono 30 chilogrammi di oro in lingotti nel materasso, tre amanti nell’armadio, uno yacht ormeggiato alle isole Bermuda e quattro Bentley in garage; “però le ho prese usate” provò a giustificarsi lui al momento dell’arresto, ma non si capì mai se alludeva alle amanti o alle auto.
Un mese dopo la maturità, in pieno Agosto, rividi Della Fiore. Oramai viaggiava in auto, possedeva una Ford Fiesta color cacca, cabrio. Io una Fiesta cabrio non l’avevo mai vista, poi scoprì che l’aveva fatta modificare lui, proprio come la marmitta del suo “ciao”. Inchiodò ad un palmo da me e mi aprì lo sportello per farmi salire. Mi parlò dei suoi progetti futuri. Aveva rilevato una ditta edile specializzata in demolizioni, appena fallita. Voleva riconvertirla e lanciarsi nel settore “asfalto e strade”, il suo sogno era sistemare tutte le buche della provincia “Hai visto quante buche ci sono sulla strada ?” mi disse, “io le riempirò tutte”. E mentre lo diceva, mi ricordo che ne centrammo una e lui bestemmiò. Prima di farmi scendere provò a vendermi un cellulare di primissima generazione grande come un video citofono, poi mi mostrò pure il contenuto del suo cruscotto: un paio di Rolex sempre pronti da smerciare, un pass per disabili da usare all’occorrenza, mentine per l’alito e una confezione di preservativi formato famiglia da 120 pezzi, perché Della Fiore era sempre stato di un incrollabile ottimismo. Dopo quella volta e prima di quel giorno, avevo rivisto Della Fiore solo in due occasioni. La prima fu durante un congedo del suo servizio di leva; si presentò a casa mia in divisa da caporal maggiore. Tanto che mia madre pensò subito che mi avessero dichiarato disertore e fossero venuti a prelevarmi di forza. Invece Della Fiore aveva millantato con un generale la possibilità di rifargli casa con tanto di progetto architettonico e aveva bisogno di me. Mi convinse ad accettare l’incarico, poi scoprimmo che il generale aveva a sua volta millantato la sua qualifica (in realtà era un banale sergente maggiore) e non valeva la pena impegnarsi. La seconda volta lo vidi ad un convegno sul risparmio energetico. Aveva mollato il settore “asfalto” e si era lanciato nel “solare”; era eccitatissimo, conservava in garage, accatastati, due ettari di pannelli solari cinesi e non vedeva l’ora di colonizzare l’intera provincia; “l’energia eco-compatibile è il futuro” ripeteva, però io lo avevo visto arrivare su una antichissima Alfa Romeo “33” 1.5 “Quadrifoglio” a carburatore che faceva i 4 (km) a litro (praticamente come una Ferrari Testarossa), circostanza che, certamente, non conferiva particolare credibilità alle sue parole.
Da quel giorno, ed erano passati più di quindici anni, non lo avevo più incontrato, ma qualche anno prima un usciere del tribunale, nostro amico comune, mi aveva raccontato che Della Fiore aveva avuto grossi guai con la giustizia. L’usciere si chiamava Matteo Massullo, era sempre magrissimo con un ciuffo di capelli neri sulla fronte e fumava ininterrottamente dal 1992, ora anche negli uffici pubblici. Negli anni delle superiori era stato eletto rappresentate di istituto per due anni in fila, frequentava una classe dietro di noi, ma solo in via di uno “sfortunato incidente di percorso” (così lo definiva lui). In realtà Massullo non era una cima, anzi era un asino e non aveva neanche grandi doti di diplomazia. Era stato eletto rappresentante di istituto solo in virtù del suo ruolo di capo ultras che svolgeva regolarmente allo stadio ogni domenica, in casa ed in trasferta. In quegli anni il calcio era uno sport molto popolare e un capo ultras poteva contare sull’appoggio di molti fedeli sostenitori che lui, al momento giusto, trasformò in voti. Massullo avrebbe fatto volentieri il capo ultras come lavoro per tutta la vita, se, causa la crisi, il gioco del calcio non fosse stato vietato nel 2019.
In ogni caso Massullo mi raccontò che qualche anno prima aveva assistito, per puro caso, ad alcuni processi dove l’imputato era proprio Della Fiore. “Te lo ricordi Giuseppe Della Fiore ?” mi disse un giorno mentre prelevavo un caffè macchiato alla macchinetta automatica, “quello che mi vendette le Tod’s false per vere ?”. E da lì mi raccontò di tutti i guai giudiziari nei quali il futuro comandante era finito. Truffa, peculato, frode ai danni dello stato, aggiotaggio, spaccio di banconote false, una serie di reati contro il patrimonio impressionante, dai quali era venuto fuori solo grazie ad una provvidenziale corruzione del giudice, pratica sempre piuttosto diffusa peraltro e mai estintasi.
Ma come aveva fatto Della Fiore allora, in così poco tempo, a diventare comandante di Guardia di Finanza ?. Mi sembrava tutto così strano, eppure una spiegazione c’era ed era anche piuttosto semplice.
(continua – 6)
Christian De Iuliis